Io perdono la mia vergogna

"Io perdono la mia vergogna perciò adesso sono liber@".
Ci sono emozioni che non riusciamo proprio a digerire, che quando emergono ci fanno infuocare, perchè non le vorremmo: vorremmo essere forti, adulti, e non sentire quel bambino che ancora trema dentro di noi. Ci illudiamo che dovremmo perdonare persone o situazioni, ma la maggior parte delle volte si tratta di noi stessi, di abbracciare quella parte di noi che ci rende vulnerabili.
Ho notato che molte persone sanno accorgersi della rabbia e del senso di colpa, ma pochi della vergogna, poichè sin da piccoli per non sentirla hanno adottato una strategia vincente: essere gentili, efficienti, impeccabili. Potendolo fare nella maggior parte delle situazioni con un po' di impegno, attraverso il controllo e l'efficienza riescono a non suscitare la critica dell'altro, evitando così le occasioni nelle quali diviene possibile sentire la vergogna. Alcuni cascano dalle nuvole quando faccio notare loro che si tratta di questo, poichè hanno costruito una finta autostima grazie al controllo e all'iperefficienza, non accorgendosi di aver celato questa emozione. Altri invece lottano da anni per nasconderla, ma alla fine prende lei il sopravvento e l'efficienza va a farsi friggere, scatenando così anche un circolo vizioso di vergogna-inefficienza-disistima-frustrazione.
Al momento di stare con questa emozione insieme a me, guidati all'interno del setting di counselling, inizialmente tremano, chi di paura, chi di rabbia. Tuttavia accorgersi della vergogna che abbiamo ben nascosto é il primo passo. Individuare e ricordare nel proprio diario ogni volta che si è attivata durante la giornata, o che si sarebbe potuta attivare ma l'abbiamo soffocata nell'iperefficienza, è fondamentale per imparare a riconoscerla. Step 1, consapevolezza. Step 2, sentire. Poi infatti c'é il momento delicato per farla esprimere attraverso il corpo, attraverso la domanda che suggerisco sempre: "dov'é nel mio corpo in questo momento? Dove la sento?". Sentire questa energia che dalla pancia sale alle guance e viceversa, e scoprire che possiamo restare, costituisce già una gran parte della guarigione interiore, laddove non ci sono patologie. Imparando a restare volontariamente con essa, inizialmente insieme e poi da soli, non cercheremo più di reprimerla e né verremo più sconvolti. E poi c'é un ultimo passo...
Con una cliente questa settimana abbiamo iniziato un gioco. Un gioco che non va bene per tutti, ma nel suo caso per bypassare la sua splendida intelligenza vigile, abbiamo deciso di giocare per raggiungere il suo bambino interiore. Il gioco è un ottimo modo per raggiungere il subconscio (vedi la mia ultima diretta) che costituisce circa il 95% della nostra attività mentale, divenuta automatica negli anni ed incisa nei nostri primi 7 anni di vita. Ogni giorno per 8 giorni la mia cliente dovrà prendere un foglio, scrivere la parola Vergogna, decorarla con disegnini amorevoli e riporla in una scatola. Al termine degli otto giorni nella scatola ci saranno 8 fogli contenenti quella parola. Così dovrà incontrare per sette giorni più uno (superando l'obiettivo di una settimana) ciò che seppellisce da tempo dietro il suo acume. Vedremo come procedere al termine di questo primo esercizio. Su quella scatola intanto c'è scritto: "io perdono la mia vergogna perciò sono libera". Le parole che ho scelto per lei, da ripetere durante la settimana insieme alla sua personale frase di potere, sono pensate ad una ad una. Il perdono è la chiave, non ci si può liberare da qualcosa che non ci si perdona. Più la si spinge via e più si rinforza, producendo inutile sofferenza: volersi "liberare da", come se fosse qualcosa di impuro, é un atteggiamento controproduttivo, fra l'altro tipico di chi fa percorsi spirituali e o di automiglioramento. Fare "pace con" é la cura, il vedere e l'inclusione sono paradossalmente la porta di uscita, poiché quando si accetta qualcosa che non si teme più (attraverso il sentire consapevole) e non si vuole più cambiare, quel qualcosa si è sentito amato e se ne va, o resta senza fare più male. La liberazione é una conseguenza e non un fine. Se avessimo detto "io perdono la vergogna e mi libero" avremmo sottomesso il perdono all'attesa di un risultato, incatenandolo ad un obiettivo che è esso stesso la causa del malessere. Mentre la formula "io perdono perciò sono libero" ha una sua magia, rende la liberazione una conseguenza di un atto di inclusione.
Trovare questa frase è stato un lavoro. Durante la sessione, insieme abbiamo ripetuto frasi per testare le resistenze e la fluidità, facendo emergere la Frase di Potere che aumentasse l'autostima della mia cliente (che non riporto perché è tutta sua), fino ad arrivare anche a questa formula di trasformazione. Non bisogna ripetere a pappagallo frasi scritte sui libri, non funziona così: vanno sentite vibrare dentro. Le Frasi di Potere sbocciano direttamente da noi stessi, dalla nostra storia, dalle nostre ferite, forti della Verità che portiamo dentro da anni e che trova finalmente una via di uscita attraverso il Verbo.

Michela

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